La splendida: Venezia 1499-1509 by Alessandro Marzo Magno

La splendida: Venezia 1499-1509 by Alessandro Marzo Magno

autore:Alessandro Marzo Magno [Magno, Alessandro Marzo]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: History, Modern, General, Europe, Italy, Political Science, Public Policy, City Planning & Urban Development
ISBN: 9788858140079
Google: g2SzDwAAQBAJ
editore: Gius.Laterza & Figli Spa
pubblicato: 2019-10-02T22:00:00+00:00


4. La prima volta dell’urna

Facciamo pochi passi dai tre pili portabandiera ed entriamo all’interno del vicino palazzo Ducale, dove «per l’elezione del doge un incaricato gira con un contenitore di legno dipinto di bianco e dove ciascun membro del consiglio depone una ballotta di tela bianca, della grandezza di una piccola ciliegia»: questa del 1505, con accanto un disegno, è la prima descrizione conosciuta di un’urna elettorale. Non sappiamo chi abbia vergato queste parole, conosciamo invece a chi fossero destinate: all’ammiraglio parigino Louis Malet de Graville, stretto collaboratore di tre re di Francia. Malet aveva commissionato una relazione per capire come funzionassero le istituzioni statali veneziane. Vi si ritrovano descritte, e disegnate, le urne che, evidentemente, dovevano essere un’interessante novità per l’epoca. Le urne erano legate a un’ulteriore prerogativa elettorale tipicamente veneziana: lo scrutinio segreto.

Nelle sedute del Maggior consiglio si utilizzavano urne di tipo diverso: quella descritta più sopra era usata solo per l’elezione del doge e avrebbe cambiato forma nel corso dei secoli. Invece, fino alla caduta della repubblica rimangono quasi immutate le cassette elettorali utilizzate per le votazioni ordinarie. Erano state inventate da un frate – «prima si ballottava con bossoli discoverti», scrive Sanudo – e, il 6 giugno 1492, imposte dal consiglio dei Dieci a tutte le magistrature veneziane al fine di garantire la segretezza del voto. Ci riuscivano, però, solo in parte.

Alle riunioni del Maggior consiglio assisteva di norma oltre un migliaio di patrizi, e alcuni giovani – i ballottini – passavano reggendo le urne tra i banchi dove i nobiluomini sedevano, rigorosamente in silenzio. Si trattava della cosiddetta urna a due bossoli (due contenitori): ci si infilava la mano da un’apposita apertura e si deponeva la ballotta nel contenitore rosso (o bianco) se si votava a favore, oppure in quello verde se si votava contro. Dall’esterno non si vedeva nulla. I due bossoli venivano disuniti e le palline a favore e quelle contro gettate separatamente in due grandi vassoi convessi di cuoio, detti cappelli, perché probabilmente in origine erano proprio dei copricapi. Dopodiché si procedeva al conteggio. C’era però un problema: gli astenuti. Il voto dei cosiddetti «non sinceri» era raccolto mediante un’urna a parte, contravvenendo in tal modo alla segretezza del voto. Per questo motivo viene introdotta – non sappiamo quando, ma di sicuro prima del 1530 – l’urna a tre bossoli, che permetteva anche agli astenuti di esprimersi. In seguito si utilizzeranno le urne a due bossoli per le cariche, quelle a tre per le leggi. Da ballotta derivano l’italiano ballottaggio e l’inglese to ballot (votare) e ballot box (urna).

L’innovazione tecnologica dei «vasi fatti con meraviglioso artificio» ha però immediate ricadute sull’occupazione: vengono licenziati i bambini incaricati di raccogliere i voti perché il peso della nuova urna è giudicato eccessivo. Li sostituiscono «adolescentes et juvenes», sorvegliati da segretari e notai di cancelleria. Da quella descrizione del 1505 l’urna elettorale era destinata a diffondersi parecchio per le strade del mondo.



scaricare



Disconoscimento:
Questo sito non memorizza alcun file sul suo server. Abbiamo solo indice e link                                                  contenuto fornito da altri siti. Contatta i fornitori di contenuti per rimuovere eventuali contenuti di copyright e inviaci un'email. Cancelleremo immediatamente i collegamenti o il contenuto pertinenti.